Disegno di carrozzeriaFerrariProgettazione e design manuale

ESAMI 2011 DISEGNO DI CARROZZERIA – Un salto nel glorioso passato Ferrari con la proposta della nuova 512/13 M, sempre da un gruppo di studenti di Ingegneria del Veicolo

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FACOLTÀ DI INGEGNERIA “ENZO FERRARI” CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA DEL VEICOLO
CORSO DI “DISEGNO DI CARROZZERIA E COMPONENTI”
DOCENTE:
Prof. Fabrizio FERRARI
STUDENTI:
Paolo MEZZINI, Paolo PRIORI, Lorenzo ROSSI, Tommaso SAVIOLI, Alessandro SOZZI
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
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INTRODUZIONE
Con questa relazione si vuole spiegare e motivare le scelte effettuate nella realizzazione dello studio di carrozzeria sul telaio originale della Maserati MC12. L’obiettivo principale del lavoro è stato quello di creare un veicolo utilizzabile su strada, secondo le relative normative e regolamentazioni vigenti nel rispetto massimo per la sicurezza dei passeggeri e del codice stradale. Per far ciò abbiamo deciso di rievocare un grande successo della Casa di Maranello, la Ferrari 512 M del Grande Forghieri (di cui inoltre abbiamo riportato anche la storia e la tecnica). Come da istruzioni il telaio della MC12 è stato mantenuto tale e non modificato, stando ben attenti alla posizione dell’ormai noto (ed anche un po’ odiato) Oscar. Noto il layout meccanico e le norme da rispettare, abbiamo adattato le idee di stile preliminari alle esigenze funzionali e agli ingombri disponibili.
Il nome scelto per la nostra vettura è 512/13 M, traendo spunto dalla grande P4/5, recente remake della gloriosa P4.

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SCALA DI RAPPRESENTAZIONE E PROIEZIONI ORTOGONALI
Prima di iniziare lo studio di carrozzeria, è stata presa in esame la teoria per rappresentare in modo corretto, completo e funzionale la vettura. Il punto di partenza è la scelta di una scala di rappresentazione adatta al nostro obiettivo. La scala di rappresentazione è lo strumento matematico, indispensabile per la presentazione in formato ridotto di un qualsiasi oggetto bi e tri-dimensionale e per definizione è il rapporto tra le dimensioni della realtà e quella di una sua rappresentazione. Esistono varie scale, adottate in base all’accuratezza con la quale si vuol procedere alla raffigurazione dell’oggetto. Quelle più comuni, almeno nell’ambito del disegno di carrozzeria, sono 1:10, 1:5, 1:4, 1:2,5, 1:1. Di queste, la scala 1:10 è solitamente usata per lo studio preliminare della vettura, essendo questa scelta quella più comoda per via delle dimensioni ridotte e della facilità di realizzazione. La scala 1:1 è sicuramente quella più precisa e soprattutto quella necessaria al passaggio dalla fase di progettazione a quella di realizzazione. Infatti, ultimato il disegno, la scala 1:1 assicura una precisione millimetrica utile per realizzare fisicamente la carrozzeria di un veicolo. La scala 1:5 è un giusto compromesso tra precisione e comodità di elaborazione, inoltre garantisce una valutazione rapida delle proporzioni tra il veicolo reale e quello in scala. Proprio questa ultima rappresentazione è quella scelta in questo disegno, essendo anche il layout meccanico, riportato nelle stesse proporzioni. Dato che l’oggetto progettato è tridimensionale, per avere una visione globale è necessario l’utilizzo delle proiezioni ortogonali, le quali permettono di rappresentare il modello nello spazio con proiezioni bidimensionali, che contengono tutte le informazioni necessarie per ricostruire il modello in 3D. Riuscire a costruire correttamente tali proiezioni è un modo utile per conservare tutte le caratteristiche geometriche, non visibili in altro modo nella rappresentazione in piano.
Le viste rappresentate nel disegno sono:
Fianco
Pianta
Prospetto anteriore
Prospetto posteriore

Le ultime tre viste, data la simmetria del veicolo, sono rappresentate solo per metà. I due prospetti anteriore e posteriore sono raffigurati rispetto all’asse di simmetria longitudinale e la pianta rispetto al piano longitudinale. La precisione del disegno si evince dalla coincidenza di tutti i punti del veicolo nelle varie proiezioni, o viste, del disegno. Dato che le viste sono realizzate in modo tale da essere ortogonali tra loro, l’andamento delle superfici è visibile solo mediante delle sezioni, che rispecchiano con precisione le curvature particolari di ogni regione della carrozzeria. Le sezioni sono proprie in ogni vista, quindi per riuscire a comprenderne bene l’andamento, per completezza di rappresentazione sono riportate in modo trasversale, longitudinale ed assiale. Nello specifico, le sezioni trasversali sono quelle che permettono la visibilità della curvatura della vettura nei due prospetti anteriore e posteriore, dove sono realizzate in loco e nella vista di fianco, dove la rappresentazione dell’andamento è ribaltata di 90°. Le sezioni assiali, realizzate nella vista in pianta, permettono di comprendere la curvatura del parabrezza e delle regioni adiacenti. Nel caso in esame le sezioni trasversali sono molto utili per studiare le superfici frontali del cofano e della zona posteriore, ove è più complesso il disegno e quindi sono in numero maggiore per chiarezza di lettura. Le sezioni longitudinali, nel nostro caso non sono state realizzate, perché superflue e deducibili dalle varie viste. Per riuscire in una rapida lettura del disegno le sezioni sono collegate alla carrozzeria del veicolo mediante un reticolo, che individua in modo univoco le superfici alla quale si riferiscono. Inoltre per avere una veloce sovrapposizione delle sezioni sul disegno della vettura, sono riportati i punti di riferimento fissi, quali i centri ruota e la linea di terra. Infine le sezioni trasversali sono quotate a partire dal centro della ruota anteriore, quindi positive a destra di tale punto e negative a sinistra, mentre le sezioni assiali sono quotate a partire dall’origine, rappresentata dalla linea di terra.
MASERATI MC12
La Maserati MC12 è una biposto coupé-spider a coda lunga e passo lungo (2800 mm) di impostazione tipicamente sportiva con tettuccio asportabile. Il motore (un V12 di 6 litri e 630 CV) è situato in posizione centrale al posteriore.

Con le sue dimensioni imponenti (5143 mm di lunghezza e 2096 di larghezza per un’altezza di soli 1205 mm) la MC12 ha uno stile che è la diretta conseguenza della funzione della vettura. Prese, uscite d’aria ed elementi aerodinamici sono volti a garantire la migliore fluidodinamica interna e il passaggio dei flussi per assicurare la massima deportanza possibile (carichi verticali) e un valore di efficienza aerodinamica notevole.

PARAMETRI MC12

Il telaio della MC12 è un monoscocca in carbonio e nomex, con montati all’anteriore ed al posteriore due strutture in alluminio a supporto delle meccaniche delle sospensioni e del motore. E’ dotata di un roll bar che ne aumenta la rigidezza e la sicurezza di guida.

Le sospensioni sono a doppio braccio oscillante di tipo push rod a molle elicoidali, con ammortizzatori in grado di garantire un ottimo confort di guida unito ad elevate prestazioni; inoltre è possibile adattare l’ altezza del muso della vettura tramite un pulsante all’interno dell’abitacolo. Le stesse possono essere irrigidite tramite il set up di una centralina.
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E LAYOUT MECCANICO
Dopo aver preso visione di una panoramica dell’MC12 originale, ci siamo concentrati sull’acquisizione di dati indispensabili per la realizzazione del progetto. Dai disegni dello chassis in scala 1:5 forniti dal Prof. Ferrari abbiamo rilevato le misure principali come il passo, le carreggiate anteriore e posteriore e tutti gli ingombri significativi per il successivo posizionamento della carrozzeria. Le viste a disposizione sono quella sul fianco della vettura e quella in pianta, dalle quali ci siamo ricavati i prospetti anteriore e posteriore su carta lucida. Il primo intervento è stato quello di fissare i centri ruota anteriore e posteriore e quindi le altezze dei passaruota interni. Il passo successivo è stato quello di raddrizzare la linea del fondo telaio, portandola parallela alla linea di terra e ad una distanza di 120 mm, per rispettare la norma che indica questa misura come altezza minima da terra di tutta l’auto. In seguito abbiamo rilevato gli ingombri meccanici principali per poter proseguire il nostro studio:
• pneumatici: Pirelli da 245/35 (anteriori) e 345/35 (posteriori) con cerchi da 19’’;

• radiatori anteriori: sono posti simmetricamente rispetto all’asse longitudinale dell’auto, da 325 mm fino a 875 mm dall’asse passante per i centri ruota anteriori. Il radiatore è ancorato al telaio con un’inclinazione pari a 10° verso l’alto. Nella zona adiacente lo pneumatico, il radiatore dista da terra 140 mm e in quella più sporgente 285 mm. Nella vista in pianta l’ingombro complessivo è di 1550 mm. Tale componente ha influenzato la progettazione della zona anteriore, comprensiva di musetto, presa d’aria e inclinazione del cofano e relativo sfogo d’ aria.

2003 Enzo Ferrari Engine Cooling System
Water/oil pump
Thermostatic valve
Right-hand radiator
Left-hand radiator
Electric fan
Bleeder tank
Underfloor pipes
Expansion tank
NTC sensor on thermostatic valve body
NTC sensor on water return pipe to the pump

• radiatori posteriori: come quelli anteriori, simmetrici rispetto all’asse longitudinale del veicolo, distano da 470 mm a 670 mm dall’asse passante per i centri ruota posteriore. Sono inclinati di 45° in pianta, rispetto all’asse dei centri ruota. L’altezza da terra è di 115 mm e i radiatori si sviluppano in altezza per 585 mm dal punto di fissaggio del telaio. La presenza dei radiatori posteriori ha influenzato il dimensionamento delle prese d’aria posteriori, il disegno degli sportelli e degli sfoghi d’ aria posteriori.

Radiatori posteriori
• scatola del cambio – differenziale e motore: la prima è situata centralmente nella zona più arretrata del veicolo, ingombra fino a 505 mm dall’asse posteriore, ha un’altezza da terra di 150 mm e si sviluppa assialmente per 325 mm. Per quanto riguarda il motore esso è posto ad una altezza massima da terra pari a 750 mm. Tale misura ha condizionato pesantemente l’ altezza del ; Gruppo cambio-differenziale MC12
montante anteriore: è risultato essenziale, per la nostra scelta di mantenerlo invariato rispetto all’originale. Data la sua distanza piuttosto marcata dall’asse anteriore, ha vincolato il posizionamento del manichino nell’abitacolo, la forma del tetto, la curvatura del cofano e dei passaruota anteriori, lo sbalzo anteriore, l’attacco (e successivamente la forma) degli sportelli;
montante posteriore: è situato alle spalle del conducente, arriva ad un’altezza dal fondo piatto del veicolo di 1015 mm, senza misurare la presa d’aria sul tetto. La sua particolare curvatura ha influenzato molto la disposizione delle nostre due prese d’aria sul tetto, l’andamento delle battute degli sportelli e la forma del tetto;

figurini
Dopo aver riportato il layout meccanico e la carrozzeria originale sulle viste, ci siamo dedicati a dei bozzetti con funzione puramente stilistica per avere un’idea di massima delle forme della nostra carrozzeria. Passando da questi alle viste in scala 1:5, con già riportate le misure del telaio precedentemente acquisite, ci siamo resi conto che molte linee andavano modificate, a causa delle normative di sicurezza e di omologazione, e a causa di ingombri non stimabili sul bozzetto. Da questo punto in poi abbiamo lavorato in parallelo sul fianco e sulla pianta della vettura.
POSIZIONAMRNTO DI OSCAR
Il primo passo è stato l’esame della parte centrale della vettura, occupata longitudinalmente dagli sportelli. Questo perché il posizionamento del manichino regolamentare “Oscar” (figura 9) in questa zona influisce sul profilo dell’anteriore. Oscar rappresenta un uomo di media statura (1,84 m casco compreso), che può assumere diverse posizioni, grazie alla possibilità di articolare gambe, braccia e testa, al fine di trovare la configurazione più confortevole, con le relative giunzioni di collo, spalla, avambraccio, bacino, ginocchio e caviglia. Parametro di particolare interesse per il posizionamento di Oscar è la giunzione del bacino. Le normative impongono, oltre alle dimensioni di Oscar, gli angoli di visibilità e la sicurezza in caso di impatto. Questi elementi indirizzano verso una progettazione dell’abitacolo che garantisca spostamenti agevoli, comfort, un’ottima visibilità e la sicurezza in caso di urto (in queste condizioni il conducente deve poter ruotare attorno al punto H e urtare l’air bag senza incontrare altri ostacoli). L’angolo di visuale di 7° è stato rispettato limitando l’altezza dell’ anteriore nel punto più critico di passaggio della retta inclinata tangente alla parte più alta del cofano rispetto a quella orizzontale passante per l’occhio di Oscar. Il posizionamento in pianta del manichino richiedeva necessariamente il rispetto degli angoli di visibilità laterali 15° verso l’esterno e 45° verso l’interno, rispetto all’asse longitudinale.
FERRARI 512/13 E STORIA

IL GRUPPO 4
La classificazione Gruppo 4 fa riferimento ai regolamenti emessi dalla FIA per le competizioni automobilistiche da essa sancite, quali ad esempio i Rally e le gare per le vetture Gran Turismo. Essa è rimasta in vigore fino al 1982, quando è stato introdotto il Gruppo B che, dopo un anno di affiancamento, rimase l’unico valido per i campionati mondiali.
Prima del 1966, il Gruppo 4 della FIA comprendeva le vetture sport costruite in conformità alle normative FIA Appendice C. Rientravano in quel Gruppo 4 anche le vetture Turismo di serie, Turismo modificate e Gran Turismo che fossero state elaborate oltre i limiti concessi dai rispettivi Gruppo 1, Gruppo 2 e Gruppo 3 in cui erano state omologate in precedenza.
Nel 1966, una revisione delle categorie FIA ha ridefinito il Gruppo 4 “Sports Cars” in modo tale che ora le vetture in esso incluse erano soggette a un requisito minimo di produzione di 50 unità in 12 mesi consecutivi e dovevano essere dotate di tutti gli equipaggiamenti necessarie per la circolazione sulle strade pubbliche. Nel 1968 fu aggiunto un limite di cilindrata di 5000 cc e il requisito di produzione fu abbassato a 25 unità.
L’edizione 1969 dell’Allegato J del Codice Spotivo Internazionale della FIA definiva una nuova classificazione dei Gruppi, così come riportato di seguito (i numeri tra parentesi indicano il numero minimo di esemplari da produrre in 12 mesi consecutivi.
Categoria A (derivate dalla serie)
Gruppo 1: Vetture Turismo di Serie (5.000)
Gruppo 2: Vetture Turismo Speciali (1.000)
Gruppo 3: Vetture Gran Turismo (500)
Gruppo 4: Vetture Sport (25)

Categoria B (vetture speciali – nessuna produzione in serie richiesta)
Gruppo 5: special touring cars
Gruppo 6: Vetture Sport-prototipo

Categoria C (vetture da corsa)
Gruppo 7: biposto da corsa
Gruppo 8: monoposto formula
Gruppo 9: formula libera.

Nel 1967, con l’intenzione di ridurre le velocità raggiunte a Le Mans e sugli altri circuiti veloci di quell’epoca dai prototipi di Gruppo 6 (che non avevano limite di cilindrata) quali, ad esempio, quelli della Ford dotati di motori da 7 litri e allo scopo di coinvolgere nelle gare di durata le case costruttrici dei motori da 3 litri utilizzati in Formula Uno, la Commissione Sportiva Internazionale
(C.S.I. – all’epoca il settore indipendente della FIA dedicato alle competizioni) annunciò l’istituzione di un nuovo Campionato Internazionale Marche. Tale competizione si sarebbe disputata nelle quattro stagioni sportive che andavano dal 1968 al 1971 e vi avrebbero gareggiato gli Sport-prototipi di Gruppo 6 con cilindrata limitata a 3 litri.
Ben conscia che pochi costruttori fossero già pronti a misurarsi con tale sfida, la Commissione permise di competere per il titolo anche alle vetture Sport di Gruppo 4, purché prodotte almeno in 50 esemplari. Tale deroga era stata pensata per allargare la rosa dei concorrenti a vetture già esistenti, come la ormai vetusta Ford GT40 MK I e la più recente Lola T70 coupé. Nell’aprile 1968 la CSI annunciò che, visto lo scarso numero di iscrizioni ricevute per la categoria degli Sport-prototipi di Gruppo 6 di 3 litri di cilindrata, a partire dalla stagione 1969 sarebbero bastati 25 esemplari prodotti, anziché 50, per competere nel Gruppo 4 del mondiale fino alla fine del ciclo regolamentare, fissato al 1971. Tale mossa mirava a permettere l’omologazione nel Gruppo 4 di automobili come la Ferrari 275 LM e la Lola T70, che non erano ancora state prodotte nel numero richiesto di pezzi (sebbene venissero contati anche gli esemplari in versione aperta della Lola T70 per le gare Can-Am).
A partire dal luglio 1968 la Porsche sostenne un sorprendente sforzo tecnico ed economico per trarre vantaggio da tale modifica regolamentare; decisero di concepire, progettare e realizzare 25 esemplari di una vettura completamente nuova per la categoria Sport che avesse un obiettivo sottinteso: ottenere la prima vittoria assoluta di una Porsche alla 24 Ore di Le Mans. In soli dieci mesi la Porsche 917 fu sviluppata a partire dalla Porsche 908 con tecnologie di punta: il primo motore Porsche a 12 cilindri e un esteso utilizzo di titanio, magnesio e leghe esotiche mutuate dalle esperienze della Casa con le leggerissime vetture per le cronoscalate. Alla prima ispezione da parte dei commissari della CSI, solo tre vetture erano complete, mentre 18 erano ancora in linea di produzione ed erano presenti scocche e pezzi per altri sette esemplari: l’omologazione fu rifiutata nonostante le valide argomentazioni addotte dalla Porsche e fu concessa solo il 20 aprile, quando Ferdinand Piëch mostrò loro 25 917 parcheggiate davanti alla sua fabbrica. Nel giugno 1969, Enzo Ferrari cedette metà della sua azienda alla FIAT e con quel denaro costruì 25 vetture spinte da un motore V12 di 5 litri per poter competere ad armi pari con la Porsche. Gli ci vollero nove mesi per produrre 25 512S, gran parte delle quali sarebbero state vendute a team privati per la stagione 1970.
Per il 1970 la categoria delle “vetture sport” a tiratura limitata fu rinominata Gruppo 5 anziché Gruppo 4 e nello stesso anno, il Gruppo 4 divenne la categoria delle Gran Turismo Speciali prodotte in almeno 500 esemplari in 12 mesi consecutivi.
Per il 1971, la suddivisione dei Gruppi FIA era la seguente: Categoria A: Vetture omologate di produzione (tra parentesi il numero minimo di esemplari da produrre, in 12 mesi consecutivi, per ottenere l’omologazione):

Gruppo 1: Vetture Turismo di Serie (5000).
Gruppo 2: Vetture Turismo (1000).
Gruppo 3: Vetture Gran Turismo di Serie (1000).
Gruppo 4: Vetture Gran Turismo (500).

Gruppo 5: Vetture Sport (25). Categoria B: Vetture Speciali:
• Gruppo 6: Vetture Sport-Prototipi. Categoria C: Vetture da Corsa:
Gruppo 7: Vetture Corsa biposto.
Gruppo 8: Vetture Corsa di Formula.
Gruppo 9: Vetture Corsa di Formula libera. Nel 1976, il requisito di produzione per il Gruppo 4 fu ridotto a 400 esemplari in 24 mesi.

STORIA DEL MODELLO
Con l’intenzione di costruire la più competitiva vettura possibile, i tecnici della Ferrari si trovarono costretti a scegliere se correre con il prototipo di 3 litri di cilindrata o entrare nella nuova categoria GT con un propulsore da 5 litri. Per essere omologata nella GT, come già menzionato, la vettura doveva essere prodotta in almeno 25 esemplari (dai 50 precedenti) in 12 mesi consecutivi. Con il V12 da Formula 1 di cubatura pari a 3000 cc già disponibile, la volontà di voler produrre un prototipo da gara era comprensibile. In questo modo nacque la 312 P, approntata per la stagione del ’69 che si aprì a Daytona dove conquistò subito la pole e finì prima nella sua classe. Nonostante questi risultati, la vettura venne abbandonata nel momento in cui la Porsche debuttò con la formidabile 917 a Le Mans nel Giugno dello stesso anno. In realtà la vettura tedesca era ancora abbozzata e l’imprevisto era dietro l’angolo. Ciò convinse comunque Ferrari a sviluppare una nuova vettura GT, naque così la 512.
Diversamente dalla 917, che presentava una cilindrata di 4.5 litri, la Ferrari decise di sfruttare a pieno il limite imposto e cominciò a lavorare su un motore completamente nuovo di 5 litri. Con 4 valvole per cilindro, 4 alberi a camme ed un sistema di iniezione del carburante, il nuovo propulsore Type 261 rimarcava strettamente le soluzioni della F1 nonostante non risultasse così esasperato per motivi di affidabilità, ed era in grado comunque di erogare 550 cv fino ad arrivare oltre i 600 a fine carriera. Lo chassis era uno spaceframe in alluminio all’anteriore, mentre al posteriore era presente una struttura aggiuntiva per il motore e le sospensioni. Era essenzialmente un’ evoluzione di quello della 312 modificato per alloggiare e sostenere il propulsore di dimensioni più generose. La classe GT inoltre richiedeva una ruota di scorta e un parabrezza differente. La carrozzeria in fibra di vetro ricordava quella della 312. Al debutto il tutto pesava 880 Kg, di fatto superiore a quello dei rivali di Stoccarda, con inoltre meno potenza. Nonostante questo la rossa risultava ancora più veloce in quanto sopperiva alla mancanza di potenza con una maneggevolezza nettamente superiore. Grazie al design dell’ingegner Forghieri la vettura venne sviluppata nella variante spyder, la 512 S che permise di ridurre di 25 Kg il peso totale anche se non tutti i piloti la apprezzavano. Inoltre vennero aggiunti dei piccoli profili aerodinamici su entrambi i lati del muso allo scopo di incrementare la deportanza, come è visibile dall’immagine sottostante.
Infine, grazie al miglioramento del sistema di iniezione la Ferrari raggiunse la i livelli della Porsche in fatto di potenza ed economia nei consumi, ma aveva il vantaggio di assicurare una affidabilità nettamente superiore, garantendo così numerose e schiaccianti vittorie. Dopo Le Mans, il team di Forghieri, cominciò a lavorare ad una nuova versione della vettura, con l’obiettivo di renderla ulteriormente più leggera e potente. Nominata 512 M (che stà per Modificata), questa rielaborazione produceva 620 cv pesando solamente 815 Kg. Il muso della vettura venne reso più affilato e tagliente e venne aggiunto un grosso Snorkel sopra il motore allo scopo di forzare l’aria all’interno dei tromboncini d’ aspirazione. Altre modifiche includevano una nuova linea del posteriore e precludevano la possibilità di una nuova versione scoperta.

Questa nuova versione era talmente competitiva che riuscì ad annichilire la Porsche anche in presenza di guasti e problemi tecnici.
Per la stagione del 1971, il team di Maranello cambiò completamente i suoi piani, concntrandosi su un altra vettura da 3 litri dando vita alla 312 P(B), erede della 512 ormai M che venne definitivamente abbandonata nel ’72 per via dell’eliminazione della classe 5 litri.
DAL 1970 AL 2011

STILE E DESIGN
Innanzitutto bisogna ricordare che ci si prefiggeva di creare sul telaio della Maserati MC12 una nuova ed innovativa vettura Ferrari, estrema e senza troppi compromessi, a detta del Prof. una Formula 1 da strada! Abbiamo quindi deciso di rievocare un vecchio successo della Casa di Maranello del grande Forghieri ovvero la Ferrari 512 M. Come prima cosa abbiamo creato dei bozzetti di prova a fine prettamente stilistico, alcuni sono stati prontamente scartati prima di giungere alla versione definitiva del bozzetto della vettura.

Prima bozza della vettura
bozzetto
Ad esempio, la vettura di qui sopra, è stata abbandonata in quanto volevamo conservare le linee e le idee che hanno reso unica la 512. Così è nato il secondo bozzetto della futura 512/13 M e si può dire, il definitivo. Esso manteneva tutte le peculiarità della vecchia guardia unite al carattere ed ai particolari delle più estreme hypercar moderne. Rimangono ben marcate le linee della vettura da competizione che abbiamo voluto trasporre in una versione stradale senza troppi compromessi, mantenendo un frontale basso e tagliente, una fiancata pulita ed un posteriore semplicemente pazzesco e mai visto prima in circolazione.

Nella parte frontale si pensava di mantenere una unica presa d’aria per il raffreddamento degli scambiatori frontali dell’acqua, dalle generose dimensioni e dall’estensione verticale di 19 cm massimo per rispettare le norme d’omologazione americane (relative alla famigerata testa di bambino). Sono stati previsti una serie di sfoghi per l’aria calda sul cofano la cui forma è qua solo ipotizzata.

Il cofano stesso è stato pensato più basso dei passaruota e con un inclinazione pressoché costante
che ben si coniuga alla cupola dell’abitacolo. Si è pensato di collocare gli specchietti retrovisori sulla portiera connessi da un lungo ed aerodinamico montante in grado di attribuire un ulteriore tocco corsaiolo alla già estrema vettura, esattamente come nella 512 M originale. Il faro era stato pensato in due differenti varianti in funzione della linea del passaruota anteriore, che poteva essere o piatto e pulito oppure culminare in una sinuosa e tagliente linea, convergente poi nella griglia frontale. La forma dello stesso era comunque circa decisa e l’estensione a goccia era pressoché comunemente approvata. Per la fiancata si è pensato di mantenere il progetto il più simile possibile alla linea della 512 originale, pulita, semplice ed al contempo funzionale.
La portiera e l’apertura della stessa sono rimaste pressoché invariate rispetto al modello MC12 della Maserati e nella portiera stessa abbiamo deciso di ricavare un canale per l’aria in modo da ottenere una sufficiente portata d’aria verso i radiatori posteriori della vettura. Anche lo sbalzo della carrozzeria sopra il passaruota posteriore lascia spazio ad una bocca supplementare che convoglia verso gli scambiatori. Abbiamo anche ipotizzato che dei condotti all’interno della carrozzeria potessero parzializzare il flusso d’aria in parte verso gli scambiatori ed in parte verso i freni posteriori.

La forma della goccia del cupolino della MC12 è stata mantenuta e solo dopo il montante posteriore tagliata verticalmente per lasciar spazio alle curve superfici che da qua partono e giungono fino al codone della vetture e che a loro volta individuano i due canali laterali dove sono poste le appendici aerodinamiche fisse. Centralmente ha trovato alloggio uno snorkel massiccio e che converge direttamente sul blocco motore ma al di sotto della linea della carrozzeria in grado di rievocare quello presente sulla versione del ’70 ma con quelle misure importanti in grado di accentuare l’aggressività del tutto ed esaltarne il fascino retrò.
La parte più caratteristica della vettura rimane sicuramente il posteriore che abbiamo cercato di mantenere il più possibile fedele all’originale seppur attribuendogli un taglio nettamente più moderno e soprattutto rispettando le norme relative all’omologazione stradale. Si voleva infatti mantenere la linea alta e filante dotata di grandi appendici aerodinamiche nella zona finale (non mobili come erano quelle della vettura degli anni ’70), con uno spazio aperto al di sotto, limitato in basso da un estrattore d’aria importante e lateralmente da una copertura finissima delle ruote in carbonio che si estende fino alla prima metà della loro altezza (come da norma); in modo tale rendere il tutto praticamente impercettibile all’occhio. E’ stato poi pensato di costruire un paraurti posteriore semplice ed anche un po’ grezzo, che desse la sensazione di un qualcosa di poco ricercato al gusto ma di semplice, funzionale e pratico come deve essere un componente di una vettura con un’ anima da corsa. Naturalmente, avendo deciso di posizionare un estrattore d’aria al posteriore è stato d’obbligo ipotizzare un fondo completamente piatto per la vettura stessa per incanalare i flussi inferiori. Il volume a sbalzo sul posteriore pagava bene l’occhio e sicuramente non era simile a nulla visto in precedenza marciare su strada e la carrozzeria intera ci è parsa molto ben equilibrata, filante e veramente selvaggia, degna di una vettura da corsa. Era inoltre in grado di evocare le sensazioni ed il feeling degli anni ’70; della lotta tra Porsche e Ferrari, il tutto esasperato da un taglio moderno ed una meccanica d’eccezione come quella della MC12 stradale.
Anche se non richiesto dall’esame abbiamo ipotizzato per la vettura degli interni spartani, secchi e senza troppi fronzoli, in materiali leggeri, anzi nel miglio materiale possibile, la fibra di carbonio, come per il resto della carrozzeria dopo tutto; dopotutto la nostra doveva essere una F1 stradale, una vettura esclusivissima e brutale, esattamente come la sorella MC12.
LA NOSTRA VETTURA
Il vero problema ora era adattare tutte le nostre idee e lo stile della vettura al telaio, nel rispetto delle svariate norme per l’omologazione stradale. Era necessario quindi passare al design della vettura.
Non torneremo sul discorso inerente il posizionamento di Oscar e diremo solo che tutti i vincoli sono stati ampiamente rispettati e che gli angoli garantiti sono pari a 6 gradi per la vista frontale, limitata soprattutto dal passaruota ma comunque entro i limiti della normativa (escluso lo stesso infatti l’angolo di visuale è pari a 10 sul cofano anteriore). Lateralmente sono garantiti 65 gradi all’interno e 33 gradi all’esterno. Il punto H (il bacino del mitico Oscar), è posto in modo da garantire 14 gradi tra la verticale e l’asse del corpo di Oscar per H. La forma dell’abitacolo garantisce una rotazione intorno ad H senza alcun ostacolo come da norma.

Inizialmente, nella fase di definizione della carrozzeria 1:5 secondo i vincoli della normativa abbiamo disegnato il frontale. Il primo limite imposto riguarda i 7° d’attacco del frontale, presi dal punto a terra (che dista come da norma 12 cm dal fondo della carrozzeria) della ruota anteriore fino al punto più esterno e basso del muso della vettura. Il fondo della 512/13 è stato voluto orizzontale nella parte frontale e costituito da un unica lama di carbonio che, come da regolamento non sporge dalla proiezione della carrozzeria su di un piano orizzontale (cioè dall’ombra della carrozzeria stessa).
La lama definisce anche il limite inferiore della bocca d’aspirazione frontale, originariamente alta meno di 19 cm e che è in grado di dispensare aria fresca anche ai possenti freni anteriori (secondo uno schema già visto per le prese posteriori qua sopra e come succede nella MC12 originale). Ora la stessa è stata alzata a 20 cm ed è quindi divisa in due parti orizzontalmente creando così anche un ottimo appoggio per il portatarga. Facendo riferimento al famigerato pendolo per le prove d’urto anteriori il muso sporge di 25 cm dai radiatori anteriori (più dei 20 minimi previsti) ed il cofano nella zona deformabile sempre in corrispondenza dell’estremo del radiatore è alto 510 cm (più dei 445 minimi e comunque più dei 508 di “sicurezza” previsti). Gli sfoghi d’aria sul cofano stesso hanno assunto ora una forma definitiva e semplice permette di far risaltare le linee della vettura. I fari all’anteriore rispettano tutte le relative norme d’omologazione (altezza minima da terra 50 cm, altezza massima minore al metro e 20 cm, i bordi interni sono oltre a 60 cm tra loro mentre quello esterni sono a meno di 40 cm dall’estremità laterale del veicolo), infatti l’altezza da terra è pari a 50 cm esatti, l’interasse è di 137 cm e la distanza dall’esterno della vettura è pari a 135 mm.
Inoltre, la conformazione della carrozzeria e la posizione del faro permettono di rispettare tutti i vincoli minimi per gli angoli di illuminazione dell’anabbagliante (45-15 orizzontalmente ed i 15-10 verticali). Gli indicatori laterali sono stati posizionati sullo specchietto retrovisore ad una altezza pari a 90 cm (per cui sotto il metro e mezzo previsto come limite superiore e sopra i 50 cm da terra), inoltre dista meno di un metro ed 80 cm dal muso e dista precisamente 175 cm. I fari posteriori sono a più di 35 cm da terra ed i fendinebbia sono a più di 25 cm, infatti distano 40 cm da terra entrambi. L’interasse dei fari posteriori è pari a 165 cm e la distanza dal bordo esterno della vettura è di 25 mm. Tutta la fanaleria è stata pensata, sia all’anteriore che al posteriore, montata su parti della vettura non mobili, l’unico montato sul posteriore mobile (infatti tutto il blocco posteriore della carrozzeria è pensato come mobile) è il terzo stop (previsto dalla normativa). La freccia è posta allo stesso livello della posizione posteriore per cui la distanza trasversale tra l’asse degli stessi componenti deve essere minore di 30 mm, nel nostro caso, i due assi si sovrappongono per cui non vi son problemi di sorta.

Per quanto riguarda il posteriore, lì è stato fatto il lavoro più pesante per rendere il tutto omologabile. Per poter mantenere lo stile della vettura e rispettare le norme per l’omologazione stradale abbiamo posto delle sottili coperture alle ruote posteriori fino alla mezzeria posteriormente, copertura che prosegue all’interno della ruota isolando lateralmente le meccaniche del motore. Superiromente il tutto è naturalmente limitato dalla carrozzeria, mentre la parte sottostante è chiusa
dall’estrattore e dal fondo piatto della vettura.
La parte sia più complicata che più caratteristica del progetto è la vista trasversale posteriore dove abbiamo mantenuto le meccaniche a vista, chiuse (per norma) da una griglia protettiva posta longitudinalmente all’altezza dell’asse posteriore, chiudendo all’interno anche i catalizzatori di cui abbiamo anche ipotizzato una possibile dislocazione lateralmente e sopra i collettori di scarico a lato del motore, dove abbiamo calcolato avere a disposizione un volume pari a 20x75x30 per bancata. I silenziatori sono stati posti invece nel volume tra motore e griglia in un volume pari a 17,5x30x125; volumi più che sufficienti per i componenti previsti e necessari.
Gli scarichi terminano poi in due tubazioni che sfogano verso l’alto sopra il cofano posteriore, scarichi sormontati da una copertura aerodinamica come quella qua riportata. Per poter permettere tale sistema abbiamo deciso di rivestire la carrozzeria in prossimità dello scarico di materiali
termoisolante, richiamando uno splendido particolare della stupenda p4/5.

A questo punto non rimaneva altro da fare che eseguire le sezioni ella vettura. Abbiamo pensato di
collocare le prime a partire dal muso della vettura sulla vista frontale fino a livello dell’asse delle ruote anteriori.
Da qua abbiamo riportato le sezioni sulla vista laterale a 90° come previsto dalle norme. Le sezioni stesse risultano relativamente semplici data la linea pulita e secca della parte posteriore della vettura in particolare. Dalle stesse è facile individuare i canali per l’aspirazione dell’aria fresca ai radiatori ed ai freni posteriori.

Infine, sono state tracciate le sezioni in pianta del cupolino ed anche dello snorkel. E’ da notare che le sezioni sul fianco terminano esattamente dove inizia il cupolino. Infatti, come prevedono le
norme di rappresentazione, si è pensato di terminare le stesse prima della cupola le cui sezioni sono tracciate per chiarezza sulla vista in pianta di qui sopra.
Abbiamo infine deciso dove sistemare le linee che rappresentano i punti di discontinuità della carrozzeria. Il musetto della vettura è stato pensato come costituito da un solo componente direttamente asportabile in caso di necessità ed imbullonato sul telaio. In tale modo risulterebbe come un componente fisso in regime di marcia ed in caso di urto frontale, nel pieno rispetto delle nuovo norme vigenti.
Al posteriore, il baule è completamente ribaltabile e su esso è stato collocato (oltre alle appendici
aerodinamiche) il terzo stop.

L’apertura del baule posteriore è nella fattispecie del tutto simile come detto a quella della 512 M
degli anni ’70 e della stessa riportiamo una fotografia chiara ed splicativa.
Abbiamo poi aggiunto un piccolo cofano rimovibile all’anteriore per poter permettere l’accesso agevole a tutte le meccaniche nel musetto della vettura qua riportato.
Sulla lama anteriore ha trovato alloggiamento la targa a norma ed al posteriore, la stessa è stata collocata sul paraurti , simmetricamente rispetto l’asse trasversale dello stesso. Siamo riusciti a collocare due piccoli lunotti posteriori simmetricamente disposti a lato dello snorkel in modo da offrire agli occupanti ed al guidatore una minima visibilità posteriore.

Per quanto concerne i finestrini abbiamo ideato tre possibili soluzioni funzionanti e funzionali; la prima prevede l’utilizzo di un finestrino che non solo trasla verso il basso ma anche in avanti (verso la parte anteriore della vettura) scomparendo totalmente nella parte interna della portiera (prima cioè di incontrare trasversalmente il condotto nella stessa di cui abbiamo già parlato). Oppure era possibile suddividere il finestrino in sue parti, una superiore fissa ed una inferiore mobile; o ancora, creare un piccolo oblò a modi F40.
Come abbiamo già specificato in precedenza la vettura è stata pensata come una produzione limitatissima ed estrema e come tale deve essere realizzata con materiali pregiati e preformanti. Il telaio rappresenta il massimo livello della tecnica ed il layout meccanico non ha compromessi. Così anche la carrozzeria necessità di una realizzazione al top ed è per questo che l’abbiamo pensata totalmente in fibra di carbonio T300 in modo da limitare il più possibile il peso della vettura.
Per rimanere fedeli all’idea anche il resto dei componenti aftermarket per la nostra vettura deve essere a livello del telaio, della carrozzeria e delle meccaniche d’eccellenza, ed è per questo che anche i cerchioni previsti per la hypercar quà proposta sono il top nel mondo e sono completamente in fibra di carbonio; prodotti dalla giapponese Weds Sport del peso di 2,76 Kg l’uno.

Sovrapposizione carrozzeria-layout e meccanica
Attenzione, nel sovrapporre la carrozzeria definitiva con il telaio ed il layout meccanico della Maserati MC12 è necessario considerare lo spessore del fondo piatto, in maniera tale che il fondo del telaio collimi perfettamente con il bordo superiore del fondo piatto della vettura e non con quello inferiore. Ricordiamo inoltre che se si vorrà sovrapporre il telaio a nostra disposizione con la carrozzeria l’altezza delle rute non collimerà e non sarà a terra in quanto quella configurazione era quella relativa alla MC12 e non alla MC12 Stradale.

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4 commenti

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