Disegno di carrozzeriaFerrariProgettazione e design manualeStudio 3d, modelli e prototipi

ESAMI2012-2013 DISEGNO DI CARROZZERIA- Ecco la Ferrari 212 LMO

SCARICA LA TESINA COMPLETA
FACOLTÀ DI INGEGNERIA “ENZO FERRARI” CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA DEL VEICOLO
CORSO DI “DISEGNO DI CARROZZERIA E COMPONENTI”
DOCENTE:
Prof. Fabrizio FERRARI
STUDENTI:
Francesco Benfenati, Maurizio Cappellari, Vittorio Ferrari, Dario Marchese
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
sovrapposizione1
1. Introduzione
1.1 Obiettivo
Realizzare uno studio di massima della carrozzeria di un’ipotetica vettura GT stradale a
motore posteriore-centrale su layout fornito, dedicata alla Ferrari ed in particolare a Sergio
Scaglietti, con target e family feeling di base storicamente ispirato alla Ferrari 250 Le Mans
Berlinetta Scaglietti del 1964.
rendering5
Figura 1.1: Ferrari 250 Le Mans.

1.2 Inquadramento storico
La 250 è stata una famiglia di autovetture costruite dalla Ferrari dal 1952 al 1964.
Fu la serie che riscosse maggior successo tra le prime introdotte dalla Casa automobilistica del cavallino rampante.
La Ferrari 250 LM, progettata dal team dell’Ingegner Mauro Forghieri, fu la prima vettura gran turismo della Casa Modenese con il motore posteriore.
Venne completata nel 1964, qualche anno dopo la prima Formula 1 a motore posteriore.
La soluzione del motore posteriore centrale, già utilizzata dai “garagisti inglesi”, fu inizialmente osteggiata da Enzo Ferrari, il quale espresse la celebre frase: ”mai il carro davanti ai buoi”.
Nonostante il suo carisma, Enzo Ferrari dovette però, come poche volte nella sua carriera, rassegnarsi a questa novità tecnica di fronte alla superiorità in pista dei modelli a motore posteriore.
La 250 LM doveva essere l’erede della celebre 250 GTO. Diversamente da essa, però, la 250 LM non riuscì ad ottenere l’omologazione per la categoria Gran Turismo Italiana.
Dovevano essere infatti costruiti 100 esemplari per l’omologazione e la prassi prevedeva la presentazione di un certo numero di vetture finite e di un importante lotto di particolari smontati, che attestassero la volontà del costruttore di arrivare almeno al minimo lotto di produzione.
In occasione della presentazione della 250 LM, però, i commissari della Federazione Internazionale diedero parere sfavorevole.
La Federazione Italiana avrebbe quindi dovuto mediare, come fece anche in casi precedenti, ma questa volta nessuno si mosse con efficacia, cosicché la “Le Mans” non venne mai omologata.
Il fatto scatenò il disappunto di Enzo Ferrari, che fece schierare le auto di Formula 1 con una livrea inedita.
All’ultima gara del campionato 1964, infatti, le vetture di John Surtees (in lizza con Graham Hill e Jim Clark per il titolo di campione del mondo 1964) e Lorenzo Bandini, si presentarono con i colori blu e bianco del Team NART, dell’importatore per l’America Luigi Chinetti.

John Surtees riuscì alla fine nell’impresa di laurearsi campione del mondo con una Ferrari
non di colore rosso.
Nonostante le controversie incontrate agli albori, la 250 LM riuscì ad ottenere risultati di
prestigio, come la doppietta alla 500 km di Spa-Franchochamps del 1965 con Mairesse e
Pipier , la tripletta al GP del Mugello del 1965, la doppietta alla 24 ore di Le Mans del 1965
(equipaggio vincitore Rindt-Gregory) e la doppietta alla Coppa Città di Enna con Casoni e
Pipier.
1.3 Caratteristiche tecniche della Ferrari 250 Le Mans

Motore

Longitudinale centrale

V12 a 60° raffreddato a liquido

Cilindrata 3285,7 cm3

Alesaggio x corsa: 77 mm x 58,8 mm

Potenza massima 320 CV a 7500 rpm

Rapporto peso/potenza: 2,7 kg/CV

Rapporto di compressione 9,7:1

Distribuzione monoalbero a camme in testa, 2 valvole per cilindro

Alimentazione a 6 carburatori Weber 38DCN

Sospensioni e telaio

Avantreno e retrotreno a ruote indipendenti, tipo double-wishbone

Cerchi anteriori: 5,50” x 15”

Cerchi posteriori: 7,00” x 15”

Freni anteriori e posteriori a disco

Telaio a traliccio in tubi di acciaio

Trasmissione

Cambio a 5 rapporti longitudinale a sbalzo

Frizione a secco monodisco

Trazione posteriore

Corpo vettura

Berlinetta a 2 porte, 2 posti

Dimensioni e massa

Lunghezza 4090 mm

Larghezza 1700 mm

Carreggiata anteriore 1350 mm

Carreggiata posteriore 1340 mm

Altezza 1115 mm

Passo 2400 mm

Peso 850 kg

2. Realizzazione
fianco
2.1 Briefing iniziale
Nell’intento di perseguire l’obiettivo di realizzare uno studio di massima di una gran
turismo stradale ispirata ad un’auto storica quale è la 250 LM, si è scelto di seguire la strada
del “remake”, ossia quella di creare un modello che conservi gran parte degli elementi
estetici caratteristici del modello di ispirazione, in modo da ottenere un’immediata
riconoscibilità dello stesso attraverso espliciti rimandi al modello originario.
Questa scelta è stata fatta per celebrare l’originalità tecnica ed estetica della Ferrari 250 LM.

Naturalmente, l’evoluzione delle normative di sicurezza e le caratteristiche di guidabilità ed
ergonomia attualmente richieste hanno imposto la completa riprogettazione della vettura, a
partire dalle dimensioni fondamentali fino alle soluzioni adottate per il corretto
funzionamento del veicolo stesso.

A tal proposito, nella storia dell’automobile si possono citare alcune celebri rivisitazioni da
parte delle stesse case madri o di piccoli costruttori, volte a riportare all’attualità vetture dal
passato particolarmente fortunato o che sono rimaste nella memoria degli appassionati per le
loro particolari caratteristiche.

2.2 Definizione dei volumi principali e linea di base

Nel rispetto della filosofia del ‘remake’, la linea della vettura deve rendere evidente la
stretta parentela con il modello originale.

Si è quindi deciso di rendere attuale il profilo della vecchia vettura, modificando
opportunamente i volumi e le dimensioni, ma mantenendo, nel limite del possibile, i
rapporti generali tra essi.

La parte che più contraddistingue la 250 Le Mans è il posteriore, in cui dominano i
voluminosi passaruota con prese d’aria nella zona frontale ed il taglio netto dato dalle
appendici che raccordano l’abitacolo con il cofano motore.

Il cofano, quasi piatto e con lunotto verticale inserito in profondità tra le appendici che
costituiscono il padiglione, risulta invisibile nella maggior parte delle viste tranne che nel
prospetto posteriore.

La zona frontale risulta più simile ad altre vetture dell’epoca, come la Ferrari 250 GTO, con
la quale condivide la forma dei passaruota, tondeggianti e dal profilo rialzato rispetto alla
superficie del cofano, dei fari e della mascherina.

Nel prospetto posteriore l’ elemento estetico più caratteristico è la mascherina che contiene i
fari e l’alloggiamento targa, di forma rettangolare e con i lati corti arrotondati, che, come la
presa d’aria anteriore, tende alla forma ovale.

Nella creazione della linea per il nuovo modello questi elementi principali sono stati
mantenuti.

Essendo il fianco la vista più rappresentativa della vettura (quella che da maggior ‘colpo
d’occhio’), si è deciso di partire tracciando alcuni schizzi della fiancata.

Avendo in mente le caratteristiche stilistiche della 250 LM sopra citate, sono stati tracciati i
primi bozzetti del fianco su foglio A4, dai quali si è successivamente passati alla definizione
della linea della pianta, per poi giungere all’anteriore e al posteriore.

Per l’anteriore, soprattutto, sono state valutate diverse versioni, con una somiglianza ed un
family feeling più o meno marcato rispetto al modello originale piuttosto che ad altri
modelli più attuali del Cavallino.

Con un approccio simile è stato definito il profilo dell’abitacolo e del padiglione, per il
quale era stata inizialmente valutata un ipotesi più in linea con la produzione attuale, ma che
avrebbe compromesso la riconoscibilità del modello.
La figura 2.4 riporta uno dei primi schizzi di linea della fiancata sovrapposto ad
un’immagine del modello originale, mentre in figura 2.5 è riportato uno schizzo del
posteriore.

La maggiore altezza complessiva dell’auto è dovuta principalmente alle esigenze di avere
più spazio nell’abitacolo, che possa consentire la guida in diverse configurazioni del gruppo
sedile/volante, e ad una maggiore altezza del paraurti anteriore, per soddisfare le specifiche
della prova di crash e di investimento pedone.
Il rapporto dimensionale è stato comunque mantenuto grazie al passo allungato del nuovo
modello.

Figura 2.5: Schizzo della vista posteriore.

Per procedere ad una definizione più dettagliata della linea della vettura è stato necessario
considerare due fattori: le quote fornite dal layout (fisse) e i vincoli imposti dalla
regolamentazione, riportati nel seguito assieme alle scelte che esse hanno influenzato.

2.3 Quote imposte dal layout

Passo: 2560mm

Carreggiata anteriore: 1570mm

Carreggiata posteriore: 1600mm

Ingombri del gruppo motore/cambio, sospensioni, sterzo

L’ultimo punto, in particolare, non impone direttamente delle dimensioni ma vincola la
definizione dei volumi e di alcune quote principali, quali lo sbalzo posteriore e l’altezza
complessiva.

Nel disegnare la carrozzeria, si sono poi tenute presenti alcune questioni di carattere
funzionale, come l’apertura di portiere e cofani e la possibilità di sterzatura delle ruote
anteriori.

2.4 Quote per l’omologazione stradale

Angoli di attacco/uscita

Gli angoli di attacco e di uscita devono essere di almeno 7°.

Sono influenzati da queste quote gli sbalzi anteriore e posteriore, la forma e l’altezza da
terra dei due paraurti.

Altezza minima da terra

L’altezza minima da terra del veicolo non deve essere inferiore a 120 mm nella zona
compresa tra gli assali anteriore e posteriore.

Ciò ha condizionato naturalmente la scelta dell’altezza minima da terra dell’auto, che è stato
scelto di mantenere di poco superiore al limite imposto per legge.

Prova del pendolo

Definisce l’altezza minima da terra della zona deformabile o crash box (porzione di
carrozzeria a deformazione prevedibile), il quale deve avere ampiezza longitudinale minima
di 200mm per proteggere gli organi meccanici e le luci anabbaglianti da urti frontali e
consentire l’apertura del cofano anche in caso di urto.

E’ verificata facendo oscillare un pendolo sopra il cofano in corrispondenza della mezzeria
longitudinale, il quale deve colpire la carrozzeria nella zona deformabile ad un altezza non
inferiore a 508mm, dimensione considerata pensando alla possibilità di omologare il veicolo
negli USA (il vincolo europeo è più basso, 445 mm).

In base a questo è stata definita la linea di separazione del paraurti anteriore (in modo tale
cioè che il pendolo vada a colpire solo il paraurti) e l’altezza complessiva del muso nella
zona centrale.

Angoli di visibilità

Gli angoli di visibilità sono riferiti al manichino regolamentare “Oscar” 50-esimo percentile,
che corrisponde ad un guidatore di media altezza (1780mm con casco) e massa 75 kg, in
posizione di guida.

L’angolo di visibilità verticale, misurato a partire da un piano orizzontale passante per il
monocolo del manichino, fino all’incrocio con la prima parte di carrozzeria incontrata,
dev’essere non inferiore a 5° su tutta l’ampiezza ed essere maggiore o uguale a 7° in almeno
un punto.

L’angolo di visibilità orizzontale, misurato a partire da un piano verticale passante per il
monocolo del manichino, considerando la guida a sinistra, deve essere maggiore di 15° fino
al montante sinistro e maggiore di 45° fino al montante destro.

Faro ant.jpg
Queste misure hanno influenzato, nello studio della carrozzeria, principalmente la forma dei
passaruota, del cofano, del curvano e dei due montanti anteriori; mentre nella definizione
della posizione di guida hanno influenzato la scelta dell’altezza da terra e l’inclinazione del
sedile guida.

Disposizione delle luci

Per quanto riguarda le luci anteriori, la normativa prevede il montaggio di:

• Anabagglianti, che devono trovarsi ad una distanza minima tra loro di 600 mm e
massima dal fuori tutto di 400 mm.

Inoltre devono avere un’altezza da terra compresa tra i 500 e 1200 mm. Devono
inoltre dare visibilità a 45° esternamente, 10° internamente, 15° in alto e 10° in
basso;

• Frecce direzionali, che devono trovarsi ad una distanza minima tra loro di 600 mm e
massima dal fuori tutto di 400 mm.

Devono avere un’altezza da terra compresa tra i 350 e 1500 mm e dare visibilità a
15° in alto e in basso;

• Lo stesso vale per le luci di posizione, le quali, in più, devono dare visibilità a 45°
internamente, 80° esternamente, 15° in alto e in basso

Nel nostro caso il ruolo di luci di posizione e indicatori di direzione è affidato a 2 gruppi di
LED all’interno dell’alloggiamento comune e divisi da un telaietto chiaro (di ispirazione
Ferrari California) mentre la funzione abbagliante è integrata nel faro anabbagliante.

Abbagliante

Luci di posizione

Telaietto in alluminio

Indicatore di direzione

Anabbagliante

Figura 2.6: Schema faro anteriore.

Dietro.jpg
Per quanto riguarda il posteriore, la normativa prevede il montaggio di:

• Fanale retromarcia (1 o 2), che deve trovarsi ad un’altezza da terra compresa fra i
250 e i 1200mm e deve essere visibile a 15° in alto, 5° in basso, 45° a destra e
sinistra in presenza di una luce unica oppure 45° esternamente e 30° internamente se
le luci sono 2;
• Luci direzionali e luci di posizione, per le quali vale ancora quanto è stato detto per
l’anteriore;
• Le luci di arresto devono trovarsi ad un’altezza dal suolo compresa tra 350 e
1500mm, devono essere visibili a 45° sia all’esterno che all’interno, e a 15° sia
superiormente che inferiormente.

Inoltre la distanza relativa tra le due luci non deve essere inferiore ai 600mm e
entrambe devono avere una distanza minima dal fuori tutto di 400 mm..

La terza luce deve essere più in alto della altre;

• Un retronebbia.

La luce della retromarcia (posta solo a destra, nella posizione sinistra lasciata libera trova
posto un disco catarifrangente), le luci di posizione, le direzionali e gli stop sono integrati
nei gruppi ottici circolari a LED (Figura 2.7).

La terza luce di stop e il retronebbia sono anch’essi realizzati mediante tecnologia LED e
situati (vedi Figura 2.10) rispettivamente nella parte posteriore dello spoiler e sotto
l’estrattore (quest ultimo con una forma che ricorda la luce posteriore delle Formula 1, di
ispirazione Ferrari F12 Berlinetta).

Indicatore di direzione

Luce retromarcia

Luce di arresto

Anabbagliante

Figura 2.7: Schema faro posteriore.

Targhe

La targa anteriore ha dimensioni 360 mm x 110 mm e non sono previste particolari
regolamentazioni sul suo posizionamento.

La targa posteriore ad una linea ha dimensioni 520 mm x 110 mm, dev’essere illuminata e
montata ad un altezza minima da terra di 350mm e massima di 1200 mm.

Dispositivi per la visione indiretta

Per il posizionamento e dimensionamento degli specchietti retrovisori esterni ci si è rifatti
alla direttiva 2003/97/CE della Comunità Europea.

In particolare l’allegato III specifica le norme di montaggio degli specchi e degli altri
dispositivi per la visione indiretta sui veicoli.

Tali norme comprendono in particolare:

• Indicazioni generali

1.1. Ogni specchio e altro dispositivo per la visione indiretta è montato in modo da non
potersi spostare tanto da modificare sensibilmente il campo di visibilità misurato o vibrare
tanto da indurre il conducente ad interpretare erroneamente la natura dell’immagine ricevuta.

1.2. Le condizioni del punto 1.1 devono essere rispettate quando il veicolo circola ad una
velocità fino all’80 % della velocità massima di progetto, ma comunque non superiore a 150
km/h.

1.3. I campi di visibilità definiti sono ottenuti con visione ambinoculare, facendo coincidere
gli occhi dell’osservatore con i «punti oculari del conducente» … I campi di visibilità sono
determinati con il veicolo in ordine di marcia, attraverso vetri il cui fattore di trasmissione
luminosa totale, misurato normalmente alla superficie, sia almeno pari al 70 %.

• Posizione

3.1. Gli specchi sono montati in modo da offrire al conducente, seduto sul sedile nella
normale posizione di guida, una visione chiara della strada dietro, a lato (o ai lati) e davanti
del veicolo.

3.2. Gli specchi esterni sono visibili attraverso i vetri laterali oppure attraverso l’area del
parabrezza pulita dai tergicristalli.

3.4. Lo specchio esterno prescritto sul lato del conducente è montato in modo da formare un
angolo non superiore a 55° tra il piano verticale longitudinale mediano del veicolo ed il
piano verticale che passa per il centro dello specchio stesso e per il centro del segmento di
65 mm che unisce i due punti oculari del conducente.

3.6. Quando il bordo inferiore di uno specchio esterno è situato a meno di 2 m dal suolo con
il veicolo caricato alla massa massima a carico tecnicamente ammissibile, detto specchio
non sporge di oltre 250 mm rispetto alla larghezza fuoritutto del veicolo non dotato di
specchi.

• Regolazione

4.1. Lo specchio interno deve poter essere regolato dal conducente seduto nella posizione di
guida.

4.2. Lo specchio esterno posto sul lato del conducente deve poter essere regolato dall’interno
del veicolo, con la porta chiusa ma con il finestrino eventualmente aperto. Il bloccaggio in
posizione può però essere effettuato dall’esterno.

• Campi di visibilità

5.2.1. Retrovisore esterno sul lato del conducente

Il campo di visibilità deve essere tale che il conducente possa vedere almeno una parte di
strada piana e orizzontale, larga 5 m, delimitata dal piano parallelo al piano verticale
longitudinale mediano che passa per il punto più esterno del veicolo sul lato del conducente
e che si estende da 30 m dietro i punti oculari del conducente fino all’orizzonte.

Il conducente deve inoltre poter cominciare a vedere la strada su una larghezza di 1 m,
delimitata dal piano parallelo al piano verticale longitudinale mediano che passa per il punto
più esterno del veicolo, a partire da 4 m dietro il piano verticale che passa per i suoi punti
oculari.

5.2.2. Retrovisore esterno sul lato del passeggero

Valgono norme analoghe a quelle sul lato conducente con riferimento al lato passeggero.

Per il veicolo in questione è stata considerata la categoria II (punto 5.2 della norma).

Figura 2.8: Campo di visibilità degli specchi di categoria II.

Fianco e pianta.png
2.5 Il piano di forma

Per la realizzazione del piano di forma è stata scelta la scala 1:5, buon compromesso tra
precisione, chiarezza e praticità.

Verificando passo-passo le quote imposte dal layout e dalle normative sono state realizzate
su foglio A1 millimetrato le due viste laterale ed in pianta e su fogli A4 millimetrati i
prospetti anteriore e posteriore, nell’ordine in cui sono stati richiamati.

Delle ultime tre viste è stata rappresentata per simmetria soltanto la parte sinistra, lato guida.

Su questi fogli provvisori, una volta stabilita in via semi-definitiva la forma della
carrozzeria, è stato sistemato il manichino regolamentare Oscar al fine di individuarne la
posizione di guida più adatta.

Figura 2.9: Viste laterale (sopra) e in pianta (sotto) provvisorie.

Davanti.jpg
Dietro.jpg

Retronebbia

Terza luce di arresto

Figura 2.10: Viste anteriore (a sinistra) e posteriore (a destra) provvisorie.

A questo proposito le decisioni più importanti hanno riguardato il posizionamento del punto
H, rialzato rispetto alla prima configurazione data dal layout per poter ottenere il miglior
compromesso tra due fattori: accogliere un sedile regolabile non necessariamente a guscio
(tipo racing) e non provocare il contatto delle gambe del guidatore con il volante
(condizione risultata critica in fase di realizzazione in quanto non è stata ammessa alcuna
modifica al layout proposto che andasse a modificare la locazione della pedaliera e del
volante).

Di altrettanta importanza è stata la scelta dell’inclinazione del busto relativamente agli
angoli di visibilità.

Sono stati inoltre verificati:

• lo spazio a 360° attorno alla testa del guidatore (minimo 15 cm nella realtà) e il mancato
contatto della testa con il parabrezza in caso d’urto;
• la facilità di raggiungere ed azionare i pedali e la possibilità di appoggiare la gamba
sinistra in posizione di riposo senza toccare il volante.

Allo scopo di posizionare correttamente e con la massima precisione il manichino è stato
realizzato un modello in carta snodabile dello stesso per facilitarne la mobilitazione fino al
raggiungimento di una posizione soddisfacente.

L’ultimo passo nella definizione del piano di forma è stato la stesura delle sezioni,
fondamentali per indicare lo sviluppo tridimensionale della carrozzeria.

L’ordine di esecuzione è stato il seguente:

• Trasversali ribaltate a 90° sul fianco (ogni 200mm reali e ogni 100 mm nella zona
della presa d’aria sui passaruota posteriori per maggiore precisione);
• Trasversali in loco sui prospetti anteriore e posteriore, di cui tre nella zona anteriore e
tre in quella posteriore;
• Assiali in pianta, tre nella zona dell’abitacolo-padiglione principalmente per la
definizione delle curvature del parabrezza e delle appendici che collegano il
posteriore.

In conclusione, dopo che tutto è stato fissato in via definitiva, il piano di forma è stato
riportato su carta lucida per facilitare le verifiche di compatibilità tra le proiezioni
ortogonali, le sezioni e il layout.

A questo scopo sono stati realizzati tre fogli:
Layout con posizione di guida di Oscar (Figura 2.11);
Proiezioni ortogonali con reticolo di riferimento (Figura 2.12);
Sezioni (Figura 2.13).

La sovrapposizione dei tre fogli dà un’idea di insieme del lavoro svolto.

C:\Users\Marina\Desktop\layout1.gif

Figura 2.11: Layout con posizione di guida di Oscar.

Figura 2.12: Proiezioni ortogonali con reticolo di riferimento.

Figura 2.13: Sezioni.

Nella realizzazione del piano di forma è stato considerato il partizionamento della
carrozzeria, prevedendo la possibilità dell’apertura delle portiere, dei finestrini laterali e dei
cofani anteriore e posteriore.

Nella figura 2.14 sono riportati in colori diversi i vari pannelli di cui è composta la
carrozzeria.

Per quanto riguarda i pannelli mobili (evidenziati in verde):

• Il cofano anteriore, che da accesso al vano bagagli, è incernierato anteriormente (a
favore di vento), con sistema di chiusura a scatto nella parte posteriore, prossima al
parabrezza;
• Il cofano posteriore (sul quale è integrato lo spoiler) è incernierato anteriormente,
nella parte prossima all’abitacolo, così da permettere con l’apertura posteriore
un’agevole accesso al vano motore per le operazioni di manutenzione;
• Le portiere si aprono nel consueto sistema a favore di vento, con un angolo di
apertura tale da permettere un accesso agevole all’abitacolo.

In giallo sono stati messi in evidenza i paraurti anteriore e posteriore, in verde i pannelli
mobili (portiere e cofani) ed in azzurro la parte apribile dei finestrini laterali.

In grigio infine sono state evidenziate le griglie traforate per consentire i flussi di aria
necessari al corretto funzionamento di motore e impianto di condizionamento abitacolo.

separazione-carrozzeria

Figura 2.14: Separazione degli elementi di carrozzeria e parti apribili.

2.6 Il modello tridimensionale

3-4ant_alto

Nonostante con il piano di forma sia già possibile definire lo sviluppo spaziale della
carrozzeria è stato realizzato un modello tridimensionale con il software CATIA V5 di
Dassault Systemes per rendere un’idea più chiara del lavoro svolto.
Sono stati utilizzati i seguenti ambienti di lavoro:

• Sketch Tracer, che consente di importare le proiezioni ortogonali del pano di forma
(quelle realizzate a mano sul foglio di carta millimetrata), ed utilizzarle come
riferimento per la creazione del modello tridimensionale;
• Free Style, per la generazione delle linee 3D e delle superfici di riempimento (patch);
• Part Design, per la generazione di parti più facilmente modellabili con feature basate
su volumi piuttosto che su superfici, come i cerchioni, l’estrattore posteriore, i fari e
gli scarichi;
• Assembly Design, per l’assemblaggio ed il posizionamento di tutte le parti.

La realizzazione del modello tridimensionale si basa sull’utilizzo di superfici (patch), che,
opportunamente disposte le une rispetto alle altre, formano la “pelle del veicolo”, ossia ciò
che andrà a rappresentare la carrozzeria del modello.
Queste superfici sono definite come riempimento tra 4 o più linee 3D (spline) disposte in
modo tale da costituire una geometria 3D chiusa, tracciata sulla base delle proiezioni
ortogonali del piano di forma. Tutto ciò con l’obiettivo di guidare il programma nella
generazione del corretto riempimento delle superfici, quello cioè che rappresenta al meglio
la geometria desiderata. Nel caso della carrozzeria, il risultato migliore è quello che mostra
la più vicina conformazione delle superfici del modello rispetto al risultato immaginato dai
designer e rappresentato nel piano di forma.

C:\Users\Marina\Desktop\auto\Immagine4.jpg
A tal proposito critica è la valutazione e la correzione di eventuali deformazioni non
previste nel piano di forma e dovute ad un non corretto accostamento delle superfici
(cuspidi, avvallamenti e non continuità tra patch adiacenti).

Con il modello ottenuto rispettando le indicazioni sopra è possibile avere una
rappresentazione più facilmente interpretabile della carrozzeria, valutarne i giochi di curve e
le riflessioni della luce su di essa, nonché manipolarla per ottenere un numero praticamente
infinito di punti di vista.
Una volta completato il modello sono stati realizzati dei renderings inserendo la vettura in
contesti reali per avere una visione più realistica.

Di seguito sono riportati alcuni step del processo di modellazione.

Figura 2.15: Disegno del profilo.

C:\Users\Marina\Desktop\auto\Immagine9.jpg
C:\Users\Marina\Desktop\auto\Immagine1.jpg

Figura 2.16: Sovrapposizione del modello e del disegno manuale.

Figura 2.17: Applicazione della simmetria.

Figura 2.18: Risultato, viste della carrozzeria e solidi collegati.

2.7 Il sistema di raffreddamento

Per consentire il corretto funzionamento di propulsore e impianto di condizionamento è
stato fatto uno studio dei flussi di aria in ingresso e in uscita dai radiatori e dal vano motore.
Per quanto riguarda l’ampia presa d’aria anteriore, questa è stata impiegata per l’afflusso di
aria al radiatore dell’impianto di raffreddamento del propulsore e dei due dell’impianto di
condizionamento (posti lateralmente rispetto al radiatore del fluido refrigerante per
massimizzare l’efficienza di quest’ultimo). Nel posizionamento di questi componenti è stata
adottata un’opportuna distanza rispetto alla griglia della mascherina anteriore al fine di
mantenere libera la zona del crash-box per evitare danni al radiatore del liquido di
raffreddamento del motore in caso urti a bassa velocità.

Si è pensato poi alla disposizione dei radiatori dell’olio, necessari a mantenere costante la
temperatura del liquido lubrificante di ritorno dal motore.

La soluzione adottata prevede due radiatori per l’olio, collocati ciascuno in posizione
laterale ed alimentati dalle prese d’aria ricavate sul fianco in corrispondenza
dell’allargamento della fiancata (questo accorgimento consente un migliore flusso di aria
verso i radiatori dell’olio), la cui conformazione riprende le linee curve della portiera.

Per ridurre l’ingombro dei radiatori dell’olio si è deciso di collocarli in posizione inclinata
rispetto al piano di mezzeria longitudinale della vettura. L’impiego di appositi convogliatori
di flusso consente di far affluire l’aria ai radiatori dell’olio in modo diretto, con conseguenti
benefici sulla loro efficienza.

Tale flusso, una volta attraversati i radiatori dell’olio, confluisce nel vano motore
contribuendo alla sua areazione.

Per l’immissione dell’aria comburente (alimentazione dell’air-box con specifici
convogliatori) si utilizzano le voluminose prese d’aria ricavate sui passaruota posteriori,
soluzione già adottata in origine sulla Ferrari 250 Le Mans.

Tali aperture poi, date le abbondanti dimensioni, permettono anche di dedicare una parte del
flusso d’aria entrante all’areazione e al raffreddamento del vano motore.

Questa soluzione consente di eliminare le eventuali aperture sul fondo vettura che,
producendo turbolenze, disturbano e compromettono la portanza del fondo scocca. Diventa
così possibile l’adozione di un fondo vettura completamente piatto, a tutto vantaggio
dell’aerodinamica complessiva del veicolo.

Figura 2.19: In blu il flusso di aria diretti ai gruppi radianti anteriori; in bianco i flussi di
aria diretti al’airbox e vano motore; in giallo i flussi di aria diretti ai radiatori dell’olio.

Il deflusso dell’aria dai radiatori anteriori è reso possibile dalla presenza di aperture nella
parte interna dei passaruota anteriori, soluzione che permette di non intaccare la pulizia
delle linee con ulteriori aperture a vista nella fiancata e di non disturbare l’aerodinamica del
fondo vettura (Figura 2.20).

Per l’uscita dell’aria calda dal motore sia in condizioni statiche che dinamiche, sono state
posizionate due feritoie di forma allungata sul cofano posteriore, evidenziate in grigio in
Figura 2.14. Una soluzione simile è stata adottata da Ferrari sulla F430 (Figura 2.21).

Oltre a queste è stata realizzata nella parte sottostante il paraurti posteriore (sopra
l’estrattore) una griglia retata con lo scopo di contribuire al ricambio di aria nel vano motore
soprattutto in condizioni dinamiche (quando cioè il propulsore è maggiormente sollecitato
ed è quindi necessario smaltire una più alta quantità di calore).

Anche quest’ultima soluzione è evidenziata in grigio in Figura 2.14.

Figura 2.20: Flussi di aria uscenti dal motore (in bianco) e dai radiatori del liquido di
raffreddamento (in blu).

Figura 2.21: Prese d’aria sul cofano motore della Ferrari F430.

2.8 Aerodinamica

Durante il moto, l’aria non avvolge la sagoma del veicolo in modo omogeneo, simmetrico e
privo di turbolenze.

Ne consegue che sulla carrozzeria della vettura agiscono forze aerodinamiche che
dipendono dalle caratteristiche del fluido, da parametri geometrici del veicolo e dalla sua
velocità.

Le forze esercitate dall’aria sulla vettura vengono generalmente suddivise in componenti
che si oppongono all’avanzamento del veicolo (resistenza, caratterizzata dal coefficiente
Cx) e componenti che agiscono in direzione verticale (portanza se tende a sollevare il
veicolo da terra, deportanza se al contrario lo schiaccia verso terra; questa componente di
azione è caratterizzata dal coefficiente Cz).

Le componenti di azione sopra definite possono essere calcolate mediante la relazione:

Dove:

• C rappresenta un coefficiente empirico adimensionale che dipende dalla
geometria del mezzo (Cx per la resistenza; Cz per la deportanza);
• • rappresenta la densità del fluido nel quale il mezzo si muove;
• S rappresenta la superficie massima occupata dal mezzo misurata su un
piano normale al vettore velocità;
• v rappresenta la velocità relativa tra il mezzo e il fluido in cui è
immerso.

La parte superiore della carrozzeria di una Ferrari deve soddisfare requisiti sia stilistici sia
aerodinamici: è un obiettivo non facile da raggiungere in quanto proprio la forma del profilo
superiore tende a generare portanza e, escludendo componenti “invasive” da circuito come
alette o alettoni, l’unica soluzione resta quella di modificare il sottoscocca.
La Ferrari, fin dal 1994 con la F355 Berlinetta, adotta sulle sue GT stradali il fondo piatto
per generare deportanza aerodinamica da sottoscocca.

La vettura è dotata di fondo completamente piatto con due lunghi canali diffusori a effetto
Venturi sul retro, in questo modo si incrementa la velocità dell’aria sotto la macchina e
quindi la depressione da essa prodotta, effetto che si somma al peso del veicolo (ma che al
contrario di questo non produce effetti inerziali) nel dare tenuta di strada.

Entrando più nello specifico, l’effetto Venturi non è altro che un principio fluidodinamico
per il quale una corrente fluida (nel nostro caso l’aria che attraversa il fondo della vettura)
esercita sulle pareti attraverso le quali scorre una pressione che sarà tanto inferiore quanto
più alta è la sua velocità; la “pancia” della vettura, completamente piatta e priva di ostacoli
o irregolarità, favorisce l’incremento della velocità dell’aria che si incanala sotto il fondo.

A ciò si aggiunge una sezione finale del fondo vettura che va aumentando (estrattore),
proprio per favorire la rapida fuoriuscita dell’aria incanalata sotto la scocca.

Se la velocità della corrente fluida aumenta, la pressione che essa esercita sul fondo vettura
diminuisce: ci si ritrova nella situazione in cui al di sopra della carrozzeria si ha aria alla
pressione atmosferica, al di sotto invece si ha una pressione più bassa di quella atmosferica.
Come conseguenza di ciò, per l’equilibrio tra queste pressioni, la vettura tenderà ad essere
schiacciata verso il basso.

Figura 2.22: Effetto deportanza.

Già nel 1995, con la F50, si riusciva a generare un vero e proprio effetto suolo: alla velocità
di 300 km/h la deportanza complessiva generata era di 310 kg, distribuita per il 65% sulle
ruote posteriori.

Nel rispetto dell’intento iniziale di realizzare un modello gran turismo stradale dalla linea
pulita e filante come quella della 250 LM, si è rinunciato all’introduzione di vistose
appendici aerodinamiche.

Si è quindi lavorato sulla linea del parabrezza, fondamentale nella determinazione di Cx e
Cz, optando per una configurazione molto inclinata verso l’abitacolo e che quindi produce
una bassa turbolenza e offre bassa resistenza aerodinamica (oltre che a garantire ampi angoli
di visibilità per il guidatore).

Nella parte posteriore dell’auto, a contribuire al carico aerodinamico offerto dall’effetto
suolo (prodotto dalla presenza del fondo piatto e dall’estrattore) vi è il piccolo spoiler
integrato nella carrozzeria.

2.9 Scelta del nome

Con il nome scelto per la nostra vettura si è voluta sottolineare la continuità stilistica con il
modello originale e richiamare le vicende che nel 1964 portarono alla mancata
omologazione della 250 LM.
La vettura è stata quindi chiamata Ferrari 212 LMO, in cui il numero 212 vuole
differenziare la versione 2012 da quella originale mentre la “O” ha l’intento di ricordare
l’idea di realizzare una supersportiva stradale ipoteticamente omologabile.

3. Risultati

Di seguito sono riportate le sovrapposizioni del layout e delle sezioni sul piano di forma,
alcune immagini ed alcuni renderings ottenuti dal modello 3D che assieme riassumo il
risultato dello studio.

3.1 Il Piano di forma

Radiatore liquido refrigerante

Radiatore impianto di condizionamento

Figura 3.1: Sovrapposizione delle proiezioni ortogonali e del layout.

E’ evidenziato il posizionamento dei radiatori: in blu quelli del liquido di raffreddamento e
dell’impianto di condizionamento, in giallo quelli dell’olio motore.

Figura 3.2: Sovrapposizione delle proiezioni ortogonali e delle sezioni.

3.2 Immagini del modello

Per il modello, oltre alla colorazione classica Rosso Ferrari, viene proposta la colorazione
originale del modello Pininfarina, esposto per la prima volta al Salone di Ginevra del 1965.

3.2 Dimensioni generali del modello creato e locazione del manichino

Si riportano nel seguito le misure principali del modello creato e le coordinate che
definiscono la posizione di guida.

Quote principali del modello

Lunghezza complessiva:

4437,5 mm

Larghezza massima (senza specchi retrovisori):

1920 mm

Larghezza massima (con specchi retrovisori):

2160 mm

Altezza complessiva:

1237,5 mm

Altezza minima da terra:

125 mm

Passo:

2560 mm

Carreggiata anteriore:

1570 mm

Carreggiata posteriore:

1600 mm

Sbalzo anteriore:

1050 mm

Sbalzo posteriore:

837.5 mm

Angolo di attacco:

Angolo di uscita:

12°

Posizione del manichino regolamentare

Altezza punto H rispetto al fondo vettura:

215 mm

Altezza punto H rispetto al suolo:

355 mm

Distanza punto H dal piano verticale passante per l’assale anteriore:

1225 mm

Distanza punto H dal piano verticale passante per l’assale posteriore:

1335 mm

Distanza punto H dal piano verticale longitudinale di mezzeria della vettura:

380 mm

Inclinazione busto manichino rispetto alla verticale:

16°

Angolo di visibilità verticale minimo:

Angolo di visibilità verticale massimo:

Angolo di visibilità orizzontale sinistro:

28°

Angolo di visibilità orizzontale destro:

63°

4. Bibliografia

Per lo studio precedente la realizzazione del progetto e la stesura di questa relazione si è
fatto riferimento principalmente ai seguenti testi:

Prof. Ing. Fabrizio Ferrari, materiale didattico di Disegno di Carrozzeria, A.A 2011/2012

AaVv, Ferrari Berlinetta 250 Le Mans, Uso e Manutenzione, 1964

Mauro Forghieri, 30 anni di Ferrari e oltre, Giunti, 2008

Siti web consultati:

http://www.ultimatecarpage.com/car/2736/Ferrari-250-LM-Pininfarina-Stradale-Speciale.html

http://motoburg.com/13997-ferrari-250-lm.html

http://avtomaniya.com/site/publication-full/3274

Mostra di più

Articoli correlati

3 commenti

  1. Thank you for another informative blog. Where else may I get that kind of information written in such a perfect way? I have a venture that I am simply now working on, and I have been at the glance out for such information.

Guarda anche

Close
Back to top button
Chiudi per continuare a leggere -> X
Menu dei motori ha cambiato casa, clicca il pulsante rosso per gli articoli recenti:
Cosa c'è di nuovo? La nuova pagina Facebook. Clicca sul blu e segui MdM!
Close