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STORIA – AGUZZOLI CONDOR: come nasce un sogno

Di Fabrizio Ferrari
TRA LA FINE DEGLI ANNI ’50 ED I PRIMISSIMI ANNI ’60 IL MOTORE POSTERIORE CENTRALE S’AFFERMA PRIMA IN FORMULA 1 E POI NELLE AUTO DA CORSA SPORT
Pur se con un illustre precedente nelle famose monoposto Auto Union progettate da Ferdinand Porsche negli anni trenta, ma in ogni caso, dopo un relativamente lungo periodo d’oblio, solo all’inizio degli anni sessanta la tecnica del motore posteriore-centrale s’affermava definitivamente in Formula 1, dove era stata re-introdotta dalla britannica Cooper (trionfatrice nei Mondiali del biennio 1959-60), poi ben presto seguita anche da Enzo Ferrari, inizialmente contrario a questa soluzione tecnica, ma subito vincitore nel Campionato 1961, con la monoposto 156 concepita dall’Ing. Carlo Chiti.
In breve tempo, la soluzione tecnica del motore posteriore-centrale prendeva così piede anche nelle Sport da corsa e, successivamente, arrivava a maturazione anche nell’impiego sulle sportive stradali.

SUBITO DOPO L’INEDITA SOLUZIONE TECNICA DEL MOTORE POSTERIORE-CENTRALE INIZIAVA A FARE CAPOLINO ANCHE NEI PROGETTI DI GT STRADALI
Tra i primi a crederci, oltre allo stesso Chiti che, passato dalla Ferrari alla neonata azienda bolognese ATS (acronimo di Automobili Turismo Sport), concepì, oltre ad una monoposto di Formula 1 (che partecipò al campionato del 1963), anche una favolosa GT a motore posteriore centrale (lo stesso V8 della F1 portato a 2500 c.c.) che vide la luce nel 1964.
Nello stesso periodo, a Modena, anche Alejandro De Tomaso, dopo aver costruito diverse monoposto di formula 3 e altre formule minori, tutte con motore posteriore-centrale, si stava apprestando, a sua volta, a realizzare una Sport Barchetta (aperta) ed una GT stradale, la Vallelunga, anch’essa con motore posteriore-centrale 4 cilindri Ford 1500 c.c. (di derivazione Ford Cortina), costruita in poco più di 50 esemplari a partire dal 1963.

L’AGUZZOLI CONDOR NASCEVA PROPRIO IN QUESTO PARTICOLARE AMBIENTE MOTORISTICO E PERIODO STORICO: L’EMILIA DEI PRIMI ANNI SESSANTA
In questo particolare periodo storico e soprattutto in quest’ambiente, compreso nel territorio tra Bologna e Parma (con fulcro a Modena), s’inserisce la storia dell’Aguzzoli Condor.
All’epoca, Giovanni e Sergio Aguzzoli, rispettivamente padre e figlio di una ricca famiglia di commercianti in salumi a Parma, erano anche concessionari AlfaRomeo di zona, coltivando una grande passione per le auto, sportive in particolare.
La scintilla nacque dall’incontro degli Aguzzoli con l’ex collaudatore Ferrari e AlfaRomeo Luigi Bertocco, il quale, altrettanto appassionato di vetture GT, arrivò ben presto a proporre loro la costruzione di un’inedita GT, stradale e da corsa (all’epoca le due tipologie di vettura, praticamente, ancora coincidevano), naturalmente con motore AlfaRomeo.
La grande novità doveva essere rappresentata, appunto, dalla posizione posteriore-centrale dello stesso motore, un 4 cilindri 1600 bialbero derivato dalla Giulietta SZ, accoppiato ad un cambio Citroen ERSA: lo stesso della Citroen ID19 a trazione anteriore, ma montato al contrario (ruotato di 180°).

A MODENA AGUZZOLI E BERTOCCO SI AVVALSERO DI VARI SPECIALISTI PER LA CREAZIONE DELLA VETTURA
Le conoscenze di Bertocco nell’ambiente modenese, gli fecero subito individuare negli specialisti Neri e Bonacini, messisi in proprio dopo lo scioglimento del reparto corse della Macerati (ove avevano militato in precedenza), le persone giuste per la concezione di un robusto e leggero telaio tubolare che potesse accogliere la particolare meccanica prescelta.
Per la carrozzeria del primo esemplare, totalmente in alluminio, si rese invece disponibile un altro specialista molto noto nell’ambiente all’epoca: Piero Drogo che, con la sua carrozzeria, la Sport Cars, avrebbe poi realizzato, in anni successivi, anche auto famose come le Ferrari 330 P3 e P4.

Si arrivò così, verso la fine del 1963, alla costruzione del primo esemplare di vettura, subito ribattezzata Aguzzoli, dal nome del concessionario AlfaRomeo di Parma, modello “Condor”, dal soprannome di Sergio Aguzzoli (che si diceva fosse rapido come un Condor, appunto, nel conquistare le ragazze).
Le speranze degli Aguzzoli e di Bertocco, erano ovviamente rivolte ad un eventuale, probabile, interessamento ufficiale della stessa AlfaRomeo al progetto.
Infatti, in quel particolare periodo, la Casa milanese attraversava un momento d’euforia, dovuto in gran parte ai successi commerciali di auto come la serie delle Giulietta prima e Giulia poi. Per questo, al Portello s’iniziava a pensare ancora seriamente alle competizioni (dopo l’abbandono ufficiale, alla fine del 1951, dopo la storica affermazione nei primi due Campionati di Formula 1, 1950-51, stravinti dalla Casa del Biscione con la monoposto Alfetta).
Questa volta, però, all’Alfa si pensava piuttosto alla creazione di una struttura esterna, esclusivamente dedicata alle competizioni, ovviamente sempre legata ufficialmente alla Casa madre.

LA POSSIBILITA’ DI COINVOLGERE DIRETTAMENTE L’ALFAROMEO NELLO SVILUPPO DEL PROGETTO CONDOR, NAUFRAGO’ BEN PRESTO PER EFFETTO DELLA QUASI CONTEMPORANEA NASCITA DELL’AUTODELTA
L’idea degli Aguzzoli e di Bertocco era da considerarsi tutt’altro che peregrina all’epoca, come infatti ebbero a dimostrare, di lì a poco tempo, lo stesso Ing. Carlo Chiti, con i fratelli Chizzola del concessionario AlfaRomeo di Trieste, creando di fatto, l’AutoDelta: proprio la struttura esterna che serviva all’Alfa per rientrare nelle corse ufficialmente.

Ma andiamo con ordine: infatti, le speranze degli Aguzzoli, apparentemente, stavano quasi per concretizzarsi nell’autunno del 1963, quando il primo esemplare di Aguzzoli Condor con carrozzeria in alluminio, fu pronto per le prime prove, con Bertocco alla guida, sull’Aerautodromo di Modena. Dai risultati incoraggianti ottenuti a Modena, si decise quindi di iscrivere la vettura alla Coppa FISA, in programma il 14 novembre 1963 all’autodromo di Monza.
Alla fine la Condor non disputò nemmeno la gara perché il pilota prescelto, all’ultimo momento decise di scendere in gara con una Giulia TI Super ma, in quell’occasione, che storicamente segnava il debutto in corsa della Giulia TZ, diede in ogni caso modo agli Aguzzoli di far vedere la loro inedita Condor, in particolare ai tecnici dell’AlfaRomeo presenti: i quali si dimostrarono subito positivamente interessati ed incuriositi dalle soluzioni tecniche adottate sulla Condor.
Purtroppo per gli Aguzzoli (e soprattutto per l’interessante Condor), i giochi erano in realtà ormai fatti e la Giulia TZ, di fatto, segnava la nascita dell’AutoDelta di Chiti e la fine dei sogni degli Aguzzoli e di Bertocco.

IL SECONDO ESEMPLARE DELL’AGUZZOLI CONDOR FU COSTRUITO SU BASI LEGGERMENTE DIVERSE COSTITUENDO, DI FATTO, GIA’ UN NOTEVOLE SVILUPPO DI BASE DELLA VETTURA
La storia dell’Aguzzoli Condor avrebbe anche potuto finire qui, se non fosse stato perché un secondo telaio era già stato approntato per un primo, vero, sviluppo della vettura.
Fu in questo modo che nacque il secondo ed ancora più interessante esemplare dell’Aguzzoli Condor (lo stesso che compare in questo servizio fotografico).
Tra le varianti principali studiate, un nuovo motore derivato dalla Giulia TZ, questa volta accoppiato ad un ben più efficiente e “corsaiolo” cambio Hewland.
Ma la novità ancor più evidente e senza dubbio sensazionale, era soprattutto la nuova carrozzeria, disegnata e realizzata in leggerissima vetroresina, a Sant’Ilario d’Enza (PR), dal designer e scultore Franco Reggiani. Evidentissimo era il passo in avanti sul piano dell’aerodinamica e soprattutto dello stile: tanto era piuttosto “goffa”, un pà sgraziata e quasi sproporzionata la linea del primo esemplare, tanto era equilibrata e piacevolmente efficiente il design della seconda Aguzzoli.

Era chiaro a tutti che, se la prima vettura era stata realizzata, in modo estremamente pratico da un carrozziere, pur bravo, come Drogo, il secondo esemplare metteva ancora più in evidenza tutta la genialità ed il buon gusto (da vero artista), di Franco Reggiani, il quale si spinse sin troppo oltre, nello studio, puramente teorico, dell’aerodinamica, al punto da essere poi costretto a compiere un piccolo passo a ritroso.
L’episodio, veramente poco noto, ma con testimonianze fotografiche dell’epoca, è legato alla parte anteriore, in particolare alla presa d’aria per il radiatore, sul musetto della Condor. Infatti, quando il secondo esemplare di Condor fù ufficialmente presentato, al Salone di Ginevra, nel marzo del 1964, il musetto era molto più affosolato e quasi “appuntito”, con una presa d’aria per il radiatore praticamente “invisibile”, perché interamente posizionata nella parte inferiore del musetto stesso e, per di più, dalle dimensioni piuttosto ridotte. L’idea, pur valida teoricamente, per ridurre sensibilmente la resistenza all’avanzamento, comportava di fatto una insufficiente aerazione dello stesso radiatore acqua, con il risultato che il 4 cilindri biualbero della TZ tendeva così a scaldare paurosamente. Fu perciò necessario aumentare la superficie della presa d’aria stessa, modificando la forma del musetto (meno appuntito), allargando la feritoia sin sulla parte frontale del muso stesso.
Nell’occasione, si eliminarono anche i due piccoli sfoghi sul cofano anteriore (presenti alla presentazione di Ginevra ed in occasione delle prime prove).

UN VERO PECCATO CHE L’ALFA NON ABBIA POTUTO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE LA CONDOR CHE, SOPRATTUTTO NEL SECONDO ESEMPLARE, HA DIMOSTRATO, NON SOLO VALIDE DOTI SPORTIVE, MA ANCHE SOLUZIONI TECNICHE E STILISTICHE ASSOLUTAMENTE D’AVANGUARDIA PER L’EPOCA
Nella sua veste definitiva, la seconda Condor, partecipò a diverse gare nel 1964, insieme al primo prototipo con carrozzeria in alluminio e, pur avendo fallito lo scopo di coinvolgere l’AlfaRomeo, diede in diverse occasioni prova della validità del progetto, regalando agli Aguzzoli ed allo stesso Bertocco, diverse soddisfazioni, tra le quali anche alcune affermazioni assolute (come si può vedere dal palmares sportivo).

Dal 1965, le due Condor gareggiarono solo sporadicamente in mano a clienti o amici degli Aguzzoli, che avevano preso la decisione di ritirale ufficialmente le Condor dalle competizioni.
Come tutti bei sogni, ben presto le Condor sparirono dalla scena (il primo esemplare fu smembrato) e altrtettanto rapidamente, se ne perse anche il ricordo, almeno sino a che, un collezionista “illuminato”, non si ritrovò sulle tracce del secondo esemplare, praticamente abbandonato in un

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Un commento

  1. Fantastico! Tutto il meglio dei motori nacque in quella bellissima regione. Ho conosciuto qualche anziano meccanico italiano che in qualche modo ha partecipato o sapeva di queste bellissime storie.
    Racconti da ascoltare all’infinito.

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