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GIOTTO BIZZARRINI: IL GENIO INCOMPRESO!

Ricordo personale del grande ingegnere livornese, tanto geniale quanto originale. Un vero genio incompreso, in quanto irrequieto e pieno di idee ma, alla fine mai abbastanza apprezzato in vita; pur avendo ideato e creato, praticamente da solo, molte delle pietre miliari della Motor Valley: dalla FERRARI 250 GTO al primo V12 LAMBORGHINI, sino a creare le sue vetture, a Livorno, sua città natale: le BIZZARRINI 5300 GT! Di Fabrizio Ferrari

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Era il 1995, in primavera e, dopo averlo contattato direttamente (l’avevo conosciuto alcuni anni prima, nel 1992, in occasione dell’evento, a Maranello, dedicato al 30° Anniversario della Ferrari 250 GTO), ci accordammo per un appuntamento nel suo “quartier generale” di Livorno.

Punto d’incontro, l’uscita autostradale di Livorno (io provenivo da Busseto, in provincia di Parma) dove lui, Giotto, mi aspettava per condurmi poi alla sua casa/laboratorio sulle colline livornesi, a Quercianella.

Lo seguii con la mia auto ed arrivammo in una grande area dove, oltre alla casa, c’erano anche alcuni boxes di fortuna. Tutto sembrava un cantiere aperto: il piano terra della casa, adibito ad officina dove, insieme alla moglie ad al figlio, Giotto assemblava artigianalmente le pelli in carbonio per le maquette dei suoi prototipi artigianali, mentre nel boxes in lamiera, aveva addirittura allestito una piccola “galleria del vento” artigianale (una grande ventola inserita in una serie di “tubi” scatolati), per provare i modelli in scala ridotta (1:5, se non ricordo male) dei suoi concept di nuovi prototipi futuristici …

Un ambiente tanto artigianale, quanto fantasioso e stimolante, dove Giotto si muoveva con grande naturalezza, quasi come se tutto questo fosse la norma! Incredibile!

Alla fine della visita, dove mi spiegò con dovizia di particolari tutti i suoi progetti in corso d’opera, Giotto m’invitò a salire in auto con lui, destinazione Livorno, in un appartamento in città, non lontano dal mare e dal porto, sede del suo ufficio tecnico. Un tavolo da disegno con tecnigrafo manuale (equipaggiamento che io conoscevo bene) ed un vecchio computer dell’epoca, con una stampante. Ovunque fogli di carta lucida e progetti di telai, motori, intere vetture … il tutto disegnato rigorosamente a mano! Si, perché Giotto Bizzarrini non è solo parte di una generazione, ormai del tutto scomparsa di “geni solitari” e di “free lance”, come li si definiva già all’epoca, ma è forse uno dei pochissimi (insieme a Mauro Forghieri, Paolo Stanzani e pochi altri), in grado di concepire e realizzare, da solo, ogni parte della vettura: dal motore al telaio, all’aerodinamica, sino al design e alla concezione dell’intera vettura. E non solo a livello teorico, ma mettendo direttamente in pratica, spesso con le proprie mani, la stessa costruzione del primo prototipo artigianale! Una cosa del tutto impossibile, ma soprattutto inconcepibile al giorno d’oggi!

Chiaro che ora le vetture sono molto più complesse e che la loro progettazione, sviluppo e messa in produzione sono il frutto di un team, anche piuttosto numeroso di tecnici specializzati, ma è altrettanto chiara, pur in un’epoca dove le vetture erano molto più semplici ed essenziali, la grandezza ed il genio dell’Ing. GIOTTO BIZZARRINI!

Dopo esserci intrattenuti piacevolmente per ore nel suo ufficio, disquisendo di aerodinamica applicata ai veicoli, di storia e di evoluzione dell’auto e quindi di futuro …
E fu proprio in quell’occasione che si verificò un episodio che, ripensandoci ora a distanza di tanti anni, fa ben comprendere il temperamento ed il carattere dell’ingegnere livornese: ad un certo punto, discutendo di vari temi, in particolare riferiti all’aerodinamica applicata alle vetture stradali, ci fraintendemmo su alcuni punti, dove il nostro pensiero apparentemente divergeva … Improvvisamente Giotto troncò la discussione, apostrofandomi in toscano e facendomi cenno di uscire ed andarmene (ero arrivato sin li a bordo della sua auto: la mia era parcheggiata a Quercianella, nel cortile di casa sua …) Intimorito e quasi spaesato, stavo realmente per andarmene quando, di colpo ritornato sorridente e tranquillo Giotto mi si rivolse nuovamente in toscano: “dove vai? Che ti sei offeso? Torna qua bischero” …

Tanto avevamo discusso, che nemmeno ci eravamo accorti che era ormai ora di pranzo …
Quindi ripartimmo per la sua casa di Quercianella, dove la moglie ci stava aspettando con un abbondante e gustoso pranzo “casereccio”.
Quindi l’intero racconto della sua lunga ed incredibile carriera (potete leggere l’articolo pubblicato all’epoca sul Mensile AM), mentre mi sfogliava il suo “album dei ricordi” (le stesse foto di cui mi fece poi dono di una copia per l’articolo) ed infine il commiato, ormai a tarda sera.

Ebbi modo di rivederlo in alcune altre occasioni: una volta a Maranello per un evento organizzato dal Ferrari Club Maranello e poi ancora a Modena, nel 2001, in occasione dell’evento “Sapori & Motori”, organizzato al Museo Stanguellini e poi allo storico Ristorante Lauro di Modena dove, insieme agli altri testimoni e speakers d’eccezione, si discusse del futuro del “Pianeta Modena”, in occasione di una delle storiche inaugurazioni annuali dell’annuario “Menu dei Motori”. Era venuto appositamente da Livorno per questo, tanto era il suo amore per Modena e le aziende del “Pianeta Modena” e fu proprio in quell’occasione, che ebbi modo anche di premiarlo personalmente, insieme a tanti altri famosi “car guys”, come l’Ing. Leonardo Fioravanti, Tom Tijarda, Sergio Scaglietti, Francesco Stanguellini, ecc.

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